Dal 28 aprile scorso, un frammento bronzeo ha ritrovato la sua giusta collocazione dopo secoli di oblio: il dito indice della mano sinistra di quella che fu la statua colossale dell'imperatore Costantino.
Nel 1471, il Papa Sisto IV, lo stesso della Cappella sistina che porta il suo nome, donò alla città di Roma un'importante collezione di statue bronzee che erano collocate nel suo Palazzo in Laterano. Fu il primo nucleo della monumentale raccolta di opere conservate nei Musei Capitolini che aprirono al pubblico nel 1734.
La sala dell'Esedra
Nella sala dell'Esedra di Marco Aurelio possiamo ammirare ancora oggi i bronzi della donazione sistina tra cui una testa colossale di 150 cm, una mano sinistra e un globo ambedue di 155 cm. Questi ultimi tre bronzi dovevano appartenere ad una gigantesca statua
raffigurante un imperatore. Dagli studi effettuati, è stato possibile ricondurre questi tre elementi alla figura di Costantino I Imperatore (Naissus 274- Nicomedia 337). Per la capigliatura, l'espressione e la mano con il globo, simbolo del potere ormai consolidato, potrebbe risalire al 330 d.C circa, perché simile ad altre raffigurazioni dell'imperatore coniate su monete cronologicamente vicine.
La mano
Se guardiamo attentamente la mano colossale, alcune falangi delle dita risultano mancanti, non più quelle del dito indice che sono state ricomposte con cura. Il dito è ora visibile nella sua integrità dallo scorso 28 aprile grazie al frammento delle due falangi ritrovato nel 2018.
Dove è stato recuperato quel frammento? Nei magazzini del museo Louvre a Parigi! Nel 1913 era stato catalogato con il nome generico di “dito romano”.
Era giunto al Louvre nel 1860 insieme ad altri pezzi della collezione del nobile romano Giampietro Campana.
Il mistero
Non ci è dato sapere quando il frammento del dito sia stato staccato dalla sua collocazione originaria. In un disegno attribuito all'umanista e amanuense Felice Feliciano (Verona,1433- Roma, 1473) del 1463, la mano integra con il globo e la testa collocate su capitelli appaiono insieme alla statua di Marco Aurelio. Ulteriori documenti ne attestano l'integrità fino al 1530. Testimonianze grafiche successive a quella data mostrano la mano già separata dal globo e con l'indice privo delle due falangi superiori. Si potrebbe quindi ipotizzare che il frammento sia entrato nel mercato antiquario già nel XVI secolo. Se ne sono poi perse le tracce fino all'apparizione nella Collezione Campana nella prima metà dell'Ottocento e all'identificazione nel 2018.
La Collezione Campana
Il marchese Giampietro Campana, (Roma, 6 giugno 1808- Roma, 10 ottobre 1880), grande collezionista quale era, possedeva una delle più vaste raccolte dell'Ottocento di sculture e gioielli antichi. Per avverse condizioni economiche e scandali finanziari, le sue opere furono sequestrate dall'allora Stato Pontificio e vendute al governo francese e allo Zar di russia, così che ora si possono ammirare al Museo Louvre di Parigi e al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo. Solo la collezione numismatica fu acquistata dall'Amministrazione romana nel 1873 ed è oggi visibile nei Musei Capitolini.
La mostra Campana al Museo Louvre
Nel 2018, in occasione della mostra dedicata alla Collezione Campana al Museo Louvre, la ricercatrice francese Aurelia Azema che si occupava di bronzi romani, in particolare dei processi di fusione del materiale, notando la colossale dimensione del frammento del dito, pensò potesse appartenere alla mano dei Musei Capitolini. Bronzi di queste dimensioni sono infatti molto rari.
Le analisi
Si è quindi proceduto all'analisi della lega, della struttura e della tecnica di fusione in cera persa del bronzo dorato. Eseguita la ricostruzione in 3D delle falangi, si è costruito un calco in vetroresina successivamente portato a Roma nel maggio del 2018. Si è potuto verificare che combaciava perfettamente con la prima falange dell'originale bronzeo.
I restauratori hanno ricongiunto Il frammento ritrovato al dito con un sistema di ancoraggio quasi invisibile.
Gli anniversari
Anno particolare il 2021: 550 anni dalla donazione sistina nel 1471,150 anni dalla Fondazione di Roma Capitale e 65 anni dal gemellaggio Roma- Parigi.
Questo fortunato ritrovamento è molto importante non solo per l'integrità della mano bronzea, ma anche dal punto di vista storico perché ci fa comprendere meglio il gesto della mano che tiene il globo, simbolo del potere imperiale.
Non è una mano che afferra con forza quella sfera, sembra piuttosto avvolgerla, curarla, proteggerla, simbolo di quella propaganda costantiniana che mirava a rendere Costantino il grande imperatore illuminato degli ultimi anni, il riformatore cristiano.
Costantino, una figura controversa e misteriosa che ci parla nei secoli, ancora oggi, con quel frammento apparentemente banale ma intriso di significati.
Un'occasione in più per visitare i Musei Capitolini a Roma.
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