Vale la pena conoscere i poeti? Secondo l’immaginario comune di molto tempo fa il poeta era un veggente come Rimbaud o un vate come D’Annunzio. Ma Baudelaire aveva già avvertito che l’aureola era stata perduta. Così se un tempo i poeti erano ritenuti delle persone straordinarie dalle grandi doti intellettive e oratorie, oggi lo stereotipo comune vuole che i poeti siano pazzi, disadattati, utopisti, astrusi, inconcludenti, inutili. Non ci sono vie di mezzo tra la concezione del poeta dei secoli scorsi e quella odierna. Tutto ciò dipende dalla concezione, ormai dominante, che la maggioranza ha della poesia come un’attività oziosa, improduttiva, inutile. Insomma chi si occupa di poesia per la mentalità comune è un perditempo, un incapace o entrambe le cose. Le persone in genere hanno un atteggiamento schizoide nei confronti della poesia, come qualcosa di sublime talvolta oppure come qualcosa che non serve a niente. Ma vale la pena conoscere poeti e poetesse? Il rischio maggiore è quello che deludano le nostre aspettative. Ma costa poco tempo, poca fatica, poco dispendio di denaro conoscere qualche poeta e qualche poetessa. Ad esempio io mi sposto da Pontedera a Pisa per andare a degli incontri letterari, a delle presentazioni di libri. Di solito basta saper aspettare e qualche poeta o poetessa tiene, prima o poi, la presentazione di un libro nella nostra città o nelle zone limitrofe. Personalmente non sono mai rimasto deluso e posso anche affermare che i pregiudizi negativi riguardanti poeti e poetesse non corrispondono a realtà, sono solo stereotipi comuni, che però sono duri a morire. Quindi sfatiamo certi falsi miti o meglio ancora certi luoghi comuni. Vale la pena conoscere i poeti? Se si vuole ricevere degli input, se si vuole conoscere persone colte e intelligenti (di solito molto colte e intelligenti), se si vuole apprendere l’arte, va benissimo. Va meno bene se la conoscenza diventa piena di secondi fini, se si vuole pretendere favori, se si vuole essere accreditati e legittimati culturalmente. C’è chi sostiene come Gilda Policastro che l’ambiente della poesia sia snob ed elitario. Alfonso Berardinelli sostiene che la comunità poetica sia inclusiva. Quale sarà la verità? Vale la pena conoscere i poeti? Patrizia Valduga scriveva che se ci si conosce non ci si legge e viceversa. Secondo la grande poetessa questa era una legge generale vigente tra poeti. Allora sarebbe meglio prima leggere quanti più libri di un poeta vivente e poi conoscerlo (tanto per tagliare la testa al toro). Il problema della diffidenza di poeti e poetesse riconosciute sono gli aspiranti poeti che vogliono pubblicare con grandi case editrici, che pretendono attenzione e consensi critici, che vorrebbero diventare sodali, perché un sodalizio artistico con un pezzo da novanta fa curriculum. Vale la pena conoscere i poeti? Sì, a mio modesto avviso. A patto che non si abbiano troppe pretese e troppe ambizioni sbagliate. Vale la pena conoscere i poeti, a patto che non si chiedano favori in cambio. Si ritornerà a casa arricchiti interiormente. Saranno tasselli in più da aggiungere alla vostra conoscenza umanistica.