Che rapporto c’è tra gli artisti, gli intellettuali e la massa? Oserei dire che il rapporto è conflittuale, irrisolto, complesso, contraddittorio, forse sfuggente. Pochissimi trattano l’argomento perché è difficile da affrontare, perché certe cose non si dicono, perché è più conveniente tacere: questione di opportunismo, di desiderabilità sociale, di convenienza. Oh non sta bene parlare e scrivere male del posto in cui sei nato, cresciuto, invecchiato! Devi stare zitto, anche se ti hanno reso la vita difficile! In provincia basta essere un poco diversi per rimanere soli. Se si è “diversi” culturalmente, sessualmente, fisicamente, politicamente o altro, si è out! Basta poco! Ma mai dirne male per il buon nome del luogo! Bisogna salvare le apparenze e nascondere i problemi sotto il tappeto. Questa è una regola che vale per tutti, artisti e non! L’intellettuale o l’artista che mette alla berlina l’inciviltà del suo paese o della sua cittadina rischia di essere emarginato dai suoi concittadini nella vita reale e di essere ostracizzato dai suoi colleghi. Prendete ad esempio Mastronardi che pubblicò il “Maestro di Vigevano”: il ritratto impietoso della corsa sfrenata all’arricchimento dei suoi concittadini e la cruda descrizione del mondo scolastico, nonostante il successo editoriale, gli costarono solitudine e isolamento. Eppure aveva ragione da vendere! Soprattutto la provincia (e l’Italia è fatta soprattutto di paesi e province) si vendica: la lotta è impari; anche se uno ha talento, gli altri sono in tanti e avviene l’emarginazione. Il popolo ha sempre ragione. Gli artisti, gli intellettuali sono quasi tutti un poco matti. Questa è la vulgata. Le masse sono sempre scusate, giustificate, anche se sono una “comunella di malvagi”, per dirla alla Michelstaedter. Chi risarcisce la cattiveria patita in vita da alcuni artisti da parte della gente del posto? Nessuno. La massa ha sempre ragione. Voce di popolo è voce di Dio. Poco importa che la mentalità di certi paesini e di certe cittadine di provincia sia ottusa, arretrata, retrograda. La massa ha sempre la meglio. La massa detta la legge non scritta: con noi o contro di noi. Poco importa che ci sia la qualità della vita in ballo di una persona valida. Se una persona di cultura, salvo rari casi, vive nell’anonimato in una grande città, in provincia deve fare i conti con il controllo sociale, le dicerie, la reputazione, gli opinion leader del paese. A volte la vita può essere dura. Non solo ma tra persone di cultura spesso c’è già troppa zizzania e cattiveria, sia online tra shitstorm e risse social che nella vita reale. Aggiungete a ciò il male che può fare la comunità locale! Poi ci sono anche artisti e intellettuali, veri o presunti, che sono conformisti, che hanno un ottimo rapporto con i loro concittadini. Sono quelli che presiedono la giuria del premio del paesello. Sono quelli che sono culo e camicia con il sindaco e gli assessori. Sono quelli che diventano glorie locali, benvoluti dalla comunità. Ebbene la storia dell’arte e della letteratura spesso passano da tutt’altra parte. Passano spesso alla storia non i cortigiani locali ma i matti, i disadattati, gli odiati, i respinti: i Campana, le Merini, i Ligabue, i Mastronardi. La mentalità comune si deve combattere, correggere, migliorare per un vero progresso civile e culturale; non si deve lisciare il pelo, compromettersi, arruffianarsi, essere servili. È inutile essere a parole inutilmente contro i poteri forti nazionali e internazionali, se si è schiavi del consigliere comunale di provincia, del prete di periferia e se si ha una tessera di partito che apre delle porte ad altri chiuse. Essere intellettuali e artisti significa essere indipendenti, autonomi, alieni dai giochi di potere, anche di quelli locali. Da una parte c’è lo snobismo di artisti e intellettuali. Sartre sosteneva che il razzismo è lo snobismo dei poveri. Potremmo capovolgere la frase e affermare che lo snobismo è il razzismo di artisti e intellettuali. Ma perché? È un semplice meccanismo di difesa nei confronti della mentalità comune, della violenza e dell’ignoranza della massa. È vero che certi si sentono artisti o intellettuali e non lo sono. Ma il loro snobismo comunque è innocuo. La violenza psicosociale e fisica delle masse invece è risaputa, può essere molto deleteria. Degli intellettuali o degli artisti molto snob che si riuniscono tra loro al massimo possono far cricca o “mafia culturale”, ma fisicamente non fanno male ad alcuno. Le masse possono essere delinquenziali, vigliacche, violente, assassine, addirittura stragiste. Inoltre lo snobismo delle persone di cultura è dovuto a un certo esclusivismo, al desiderio di far parte di un’élite. Chi è artista o intellettuale ha bisogno di credersi unico e speciale per fare arte e cultura: questo è imprescindibile. Ci sono artisti e intellettuali che hanno un rapporto con la popolazione che varia in base al riconoscimento o al mancato riconoscimento del loro ruolo, al livello medio culturale della città in cui vivono, alla loro personalità di base, ai loro sodalizi, alle loro frequentazioni, alle loro risorse economiche, alla loro possibilità di viaggiare. Sono tanti i fattori che determinano questa relazione. Ci possono essere incomprensioni, idiosincrasie reciproche. Ci sono intellettuali o artisti affermati che si vendicano delle ingiustizie subite, abusando del loro potere. Ma sono davvero pochi coloro che si possono permettere questo lusso, perché difficilmente ci si arricchisce con la cultura e gli stessi artisti e intellettuali devono sempre rispettare il politicamente corretto. Anche le masse, grazie all’anonimato e alla diffusione di responsabilità, abusano spesso del loro potere. Siamo in democrazia o no? E allora il popolo è sovrano, non per le cose importanti di interesse nazionale ma per decidere la vita di singoli individui sfigati, artisti o intellettuali, che sono innocui e indifesi di fronte talvolta alla malignità e alla vigliaccaggine della gente. Non sapete con chi prendervela? È così facile prendersela con artisti e intellettuali, veri o presunti (che poi la sostanza non cambia e non saranno certo la gente del posto né i contemporanei a stabilirne la grandezza, vera o presunta)!