Lo scatto che ha vinto il riconoscimento “la foto dell’anno” del World Press Photo 2024 è intitolato “ Una donna palestinese abbraccia il corpo di sua nipote”. È una fotografia molto toccante, lineare nella sua essenzialità della purezza delle forme ma iconica nel rappresentare il dolore del conflitto arabo-israeliano che sta dilaniando i corpi e le menti degli abitanti dello stato di Israele negli ultimi mesi. L’autore è il fotografo Mohammed Salem e lavora per l’agenzia internazionale Reuters. Ha scattato la fotografia all’Ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza il 17 ottobre 2023.
Una donna palestinese abbraccia il corpo di sua nipote
Nello scatto vediamo una donna con una lunga tunica blu e il capo velato da un fazzoletto color ocra. È piegata e stringe tra le braccia il corpicino di una bambina avvolto in un sudario bianco, secondo la tradizione islamica per i defunti. Avvolge il corpo minuto per proteggerlo, ma anche per trattenerlo, allontanando il momento in cui dovrà staccarsi e lasciarlo andare. La donna si chiama Inas Abu Maamar, ha 36 anni e tiene tra le braccia il corpo senza vita della nipotina Saly di cinque anni, deceduta durante un attacco missilistico israeliano. In quel frangente sono morte anche la mamma e la sorellina. Nell’assegnare il premio, la giuria ha sottolineato la tenerezza, il rispetto e il silenzio. L’immagine composta e struggente testimonia l’estremo dolore. È stata denominata La Pietà di Gaza per sottolineare il parallelismo con la Pietà di Michelangelo Buonarroti.
La Pietà di Michelangelo e la Pietà di Gaza
Secoli dopo la creazione dell’opera di Michelangelo, la Pietà di Gaza testimonia il dolore della perdita. La costruzione piramidale di Michelangelo si riflette nello scatto del fotografo.
Il volto della Vergine di Michelangelo è giovane e bellisssimo, il corpo della donna si intravede sotto il panneggio marmoreo delle vesti, come accennati appaiono i seni. Cinquecento anni dopo, la donna della fotografia ha il volto e il corpo coperti e, mentre la Vergine di Michelangelo sostiene appena il corpo del Cristo, la donna palestinese avvolge la nipotina deceduta. In entrambe le raffigurazioni del dolore, la sofferenza non è urlata ma rassegnata di fronte all’ineluttabilità di un destino crudele a cui è impossibile opporre resistenza.
La Pietà di Gaza e la Pietà Yemenita
Lo scatto della Pietà di Gaza ricorda un’altra immagine iconica che conquistò lo stesso premio fotografico nel 2012. È la fotografia denominata la Pietà Yemenita dell’artista catalano Samuel Aranda. Scattata nel 2011 a Sanaa, la capitale dello Yemen, durante gli scontri che hanno caratterizzato la Primavera araba e pubblicata dal New York Times.
Nella fotografia, una donna yemenita tiene tra le braccia un giovane ferito durante le proteste contro il presidente Saleh. Per Samuel Aranda scattare fotografie ha uno scopo preciso: “far conoscere il mondo e cercare di cambiarlo”. Anche in questo caso, la posizione della donna ricorda la Pietà di Michelangelo. Il soggetto è frontale e la donna stringe a sé il giovane parente. Il volto e il corpo sono coperti come nella Pietà di Gaza. La luce è livida, la composizione scarna, i colori non sono brillanti, il che rende l’immagine ancora più drammatica tra il nero del velo della donna e il corpo del giovane uomo ferito.
La Pietà
L’immagine più rappresentativa dell’arte cristiana è divenuta simbolo ed incarnazione del dolore islamico, in una comunione universale della manifestazione della sofferenza.
Quante altre immagini come queste dovremo ancora mostrare e premiare perché l’umanità si renda conto dell’atrocità e della futilità di tanta crudeltà e dolore?
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