Lara – Khadija, la sua conversione all'Islam, dopo le nozze col marito francesco Cascio (soggetto già radicalizzato) nel 2012 hanno portato gli investigatori di Torino e Alessandria ad un'indagine più approfondita verso i soggetti appena citati. Di fatti, gli investigatori hanno fatto “bingo”, dopo aver scoperto che Khadija si era anch'essa radicalizzata. Ovviamente vi sono delle prove certe che hanno concesso al giudice, Tiziana Belgrano, la possibilità di convalidare il fermo nella giornata di ieri. Dunque Lara – Khadija faceva parte di un gruppo Skype “sorelle musulmane” gestito da Bushra Haik. Quest'ultima canadese, emigrata a Bologna per reclutare jihadisti ed anch'essa arrestata.
Il viaggio
Khadija è partita per la Siria nel 2016, appunto per combattere a servizio dello Stato Islamico assieme al marito. Quest'ultimo morto in “guerra” per “volere di Allah” come riferisce l'imputata. Dopo la morte del marito, la vedova estremista passa per la Turchia in modo da rientrare in Italia. Ma l'Interpol l'ha fermata e rinchiusa in carcere per un breve periodo di tempo, in quanto non è stato trovato il marito: il vero ricercato. Dopo il rilascio dall'Interpol, Khadija riesce a rientrare in Italia e qui grazie alle forze dell'ordine sono state intercettate delle chiamate con i familiari. Chiamate che in un certo senso spiegano il declino dello Stato Islamico.
Le conversazioni di Khadija.
Innanzitutto Lara spiega il perché degli attentati, con delle semplici parole: “loro bombardano e noi attacchiamo”. Successivamente spiega – come citato poc'anzi – il declino dell'Isis e il tutto dipende da coloro che vi si arruolano. L'imputata li definisce come: “dei ragazzini che si recano in Siria, solamente per avere armi e sparare” ma li giustifica in quanto, i suddetti soggetti: “hanno subito razzismo o altre frustrazioni e dunque il desiderio di vendetta gli brucia dentro”.
Quando si fa uso della violenza, non esiste né il buono né il cattivo.